Un riassunto del caso che sta dividendo l’Italia. Perché lavoro e ambiente non possono essere considerati valori in conflitto.
Taranto – Da oggi riprendono gli aggiornamenti del sito. Una data non casuale, l’inizio di un autunno che mai come quest’anno si presenta difficile sul fronte del lavoro: 150 tavoli di crisi aziendale aperti al ministero dello Sviluppo economico, con 180.000 lavoratori coinvolti e oltre 30.000 esuberi. I dati Istat sulla disoccupazione sono eloquenti e anche le ultime previsioni del governo non lasciano spazio a illusioni.
Abbiamo deciso di dedicare una sezione del sito al caso dell’Ilva di Taranto (la cronaca). Un caso scoppiato a fine luglio, quando il Gip Patrizia Todisco ha emesso un decreto di sequestro preventivo degli impianti, decisione confermata dal Tribunale del Riesame di Taranto. Nonostante i provvedimenti giudiziari che si sono succeduti la produzione non si è mai fermata. Nei giorni scorsi l’azienda ha presentato il piano di investimenti per risanare lo stabilimento, sottoposto alla condizione di poter continuare a produrre. Il piano è stato bocciato dai custodi giudiziari e anche la procura ha espresso parere negativo. Sulla questione si pronuncerà lunedì il gip Todisco.
Questa la cronaca giudiziaria, che seguiremo nei prossimi sviluppi. Ma la vicenda ci interessa anche su un altro piano. Sulla vicenda hanno lucrato in tanti, si è cercato di creare un conflitto tra operai e magistrati, di contrapporre diritti costituzionalmente garantiti come la salute e il lavoro, creando così una sorta di dilemma morale senza via d’uscita. Una visione a cui si sono ribellati fin dall’inizio molti abitanti del quartiere Tamburi, quello più colpito dalle emissioni velenose dell’azienda. Il Comitato “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti“, nato il 30 luglio, ha messo a nudo le bugie di politica e sindacati. Occupazione, salute, ambiente e reddito le loro parole d’ordine, parole che richiamano tutti a un’assunzione di responsabilità. Perché tutti sapevano, a Taranto e non solo, e i drammatici dati della rivista scientifica “Epidemiologia & Prevenzione” parlano chiaro (anche se pure di fronte all’evidenza c’è chi continua a girare la testa dall’altra parte e non mancano sterili polemiche).
Ma questa volta no, non può e non deve prevalere il cerchiobottismo italico dello scarico dei problemi sulle generazioni future. Le decisioni vanno prese adesso. Questo è il nostro piccolo contributo, uno spazio di discussione e di confronto con le opinioni dei lettori.